Caro Gian Filippo, benvenuto su Fantascienza e Dintorni. Come è nata l’idea di una raccolta come “Ambigue utopie”?
In modo semplicissimo: Walter Catalano aveva pubblicato un libro presso un editore di estrema sinistra e io gli proposi – visto che aveva questo aggancio – di sondare per verificare la possibilità di pubblicare qualcosa di fantascienza che avesse anche un impatto politico. Ovviamente eravamo spinti, oltre che dalla nostra passione per la Sf, dalla situazione che l'Italia sta attraversando... L'idea fu accettata, ma in seguito le cose non andarono come preventivato e dovemmo cercare un altro editore, trovando infine Bietti.
Edizioni Bietti: una casa editrice, non a caso, molto attiva nella saggistica politica, che invece si cimenta con la fantascienza…
In realtà la Bietti da qualche anno non è più quella di prima, fortemente caratterizzata politicamente a destra (si può notare consultando i siti web: la "vecchia" Bietti è http://www.bietti.it/, quella nuova http://www.edizionibietti.it/). Anche se non ho capito in che rapporto stiano tra loro... Comunque, non è il primo libro di Sf che pubblicano: hanno pubblicato due romanzi di Pierfrancesco Prosperi, uno di Carlo Bordoni e ne dovrebbe essere appena uscito uno di Errico Passaro. Più che sulla fantascienza in genere credo siano orientati verso il filone utopico/ucronico, che è forse più accettabile per un editore generalista, ma staremo a vedere...
Tu e Walter Catalano siete i curatori della raccolta. Su quali basi è stata effettuata la selezione dei 19 autori? Inoltre, qual è il legame fra il filo conduttore della raccolta e il pensiero o l’esperienza letteraria degli autori?
Non è stata fatta una selezione di autori, ma di racconti. Ho semplicemente contattato tutti quelli che ho potuto, anche grazie ai suggerimenti degli autori stessi (in particolare quelli di Vittorio Catani, che mi ha messo in contatto con due o tre scrittori che non conoscevo). Poi, man mano che i racconti arrivavano, li leggevamo e li giudicavamo, a volte discutendone animatamente. Ne abbiamo rifiutato molti, qualcuno perché non all'altezza, altri perché non in tema; alcuni li abbiamo fatti riscrivere o revisionare. Sono particolarmente contento del fatto che Valerio Evangelisti abbia aderito entusiasticamente, di aver persuaso Daniele Ganapini a riprendere in mano la penna dopo aver abbandonato la scrittura da quasi un trentennio, di aver convinto Vittorio Curtoni a riproporre un suo racconto già pubblicato addirittura nel 1972, di aver tolto dal cassetto un racconto di Claudio Asciuti che lui non riusciva a pubblicare (almeno credo), di avere inserito due scrittori semi esordienti ma validi come Piero Cavallotti e Umberto Rossi. Ma sono forse più contento di quelli che non avendo niente di adatto nel cassetto hanno voluto scrivere appositamente, dimostrando di aver capito perfettamente lo spirito di questa iniziativa. Alludo particolarmente ad Alessandro Vietti e a Milena Debenendetti, che – per inciso – è l'unica donna presente: ma non per colpa nostra, ne avevamo contattate diverse. Personalmente, se mi è concesso, sono lieto del fatto di aver interrotto io stesso un silenzio ventennale in ambito narrativo: non avrei dovuto essere presente come autore, ma poi stimolato dalla lettura degli altri racconti mi è venuta l'idea...
Tutto ciò è avvenuto essenzialmente sotto l'influsso della passione politica, e con questo credo di aver risposto anche alla seconda domanda.
Diciannove racconti di “fantaresistenza”. Una parola affascinante. Dunque l’utopia si colloca necessariamente a sinistra?
Decisamente sì. Ma non lo diciamo solo noi, è già stato sostenuto da Maurice Renard (l'autore di Le mani di Orlac, recentemente pubblicato) già nel 1928, poi da Darko Suvin e altri critici.
Puoi spiegarci la presenza dell’aggettivo, “ambigue”, nel titolo?
In realtà il titolo va letto tutto insieme, Ambigue Utopie, perché fa riferimento alla rivista degli anni Settanta "Un'ambigua utopia", la prima ad occuparsi in Italia del rapporto tra Sf e politica, che a sua volta riprendeva il sottotitolo del romanzo di Ursula Le Guin I reietti dell'altro pianeta. Comunque il fatto è che, al contrario della destra, che è granitica nelle sue convinzioni, la sinistra si rende conto di quanto possa essere difficile e complessa la ricerca di una vera giustizia sociale, e di come l'equilibrio tra le varie componenti della società possa essere instabile anche in regimi di sinistra. Almeno così la vedo io. In ogni caso, questo non è un trattato di politica, ma una antologia di racconti, quindi finzione narrativa: che è per definizione ambigua perché suscettibile di diverse interpretazioni.
Quali indicazioni avete fornito a ciascun autore in merito al contenuto del proprio racconto?
Assolutamente nessuna! Abbiamo solo chiesto bei racconti, scritti bene e con un chiaro significato politico , ma abbiamo lasciati liberi gli autori di individuare loro i contenuti. (Tanto è vero che il racconto scritto da me lo è stato in parte perché colmava una lacuna tra i temi affrontati, quello del rapporto con la Chiesa.) Un altro motivo di grossa soddisfazione ci è stato dato proprio dal fatto che, pur mantenendo l'unità dell'idea di base, il concetto originario, gli scrittori abbiano svariato lungo scenari differenti tra loro e con toni diversi che vanno dalla satira al dramma, dall'avventura al racconto psicologico o d'atmosfera. Credo che trovare un equilibrio simile sia il sogno di ogni curatore di antologie!
La scelta del tema dell’utopia, e quindi della proposizione di scenari alternativi della storia d’Italia e del mondo, sembra voler compensare una carenza di spirito di innovazione, e la crisi di valori che affliggono la sinistra di oggi. Se la realtà attuale italiana fosse stata descritta vent’anni fa, si sarebbe trattato di un ottimo esempio di distopia…
Certamente. Però andrei un po' più indietro di venti anni, secondo me la svolta che ha portato a questo assetto sociale è stata la nascita delle televisioni private, o meglio la loro aggregazione in reti nazionali: in quel momento si poteva prevedere quello che è accaduto.
Nella tua accezione la fantascienza è sempre strumento di impegno politico, o ti trovi a tuo agio anche nelle sue declinazioni più disincantate e di evasione?
La fantascienza, la narrativa in genere e anzi tutte le manifestazioni artistiche devono innanzi tutto essere intelligenti e spontanee, oltre che ben realizzate tecnicamente. Non devono essere "costruite", se non nella misura in cui lo è per forza ogni realizzazione umana. Dopo viene lo scopo per cui sono state concepite, che può essere di far ridere o piangere, riflettere o divertire. Io cerco soprattutto l'onestà intellettuale da parte dell'autore, dopo di che posso fruire qualsiasi cosa. Non vedo la narrativa, fantascientifica o meno, come esclusivo strumento di impegno politico e quindi leggo anche opere di pura evasione. Però in genere preferisco quelle che mi fanno pensare, per i risvolti sociali, psicologici o altro, insomma quella che si definisce normalmente letteratura impegnata. Probabilmente dopo l'adolescenza o la prima giovinezza non avrei continuato a leggere Sf se la Sf non si fosse trasformata in narrativa adulta grazie ad autori come Dick, Ballard, Silverberg e altri. Però non mi rifiuto certo di leggere autori divertenti e appassionanti come Heinlein o Fredric Brown.
Ho letto che sei membro del “Centro Cultori di Sf di Venezia”. Di cosa si tratta esattamente?
Oddio, devi aver trovato delle note biografiche abbastanza vecchie su di me! Il CCSF era un circolo molto attivo negli anni fine Sessanta e Settanta e aggregava praticamente tutti gli appassionati, pubblicando un "Notiziario" sul quale cominciai a scrivere delle recensioni.
Prevedete la possibilità di traduzione e commercializzazione in altri paesi?
Io lo spererei, non fosse altro che per propagare l'idea, ma la cosa riguarda essenzialmente l'editore e i suoi rapporti con editori esteri.
Perché un lettore di fantascienza dovrebbe comprare “Ambigue utopie”?
Per tutto quello che ho detto fin'ora: è una buona antologia, con autori di tutto rispetto, contiene racconti dagli argomenti più vari e si può leggere anche senza riferimento al tema della raccolta, che più che altro è un filo conduttore. Ci sono racconti ambientati nello spazio, nel futuro, nel passato, in un presente alternativo, in Italia e fuori; ci sono robot, poteri paranormali, alieni, realtà virtuali; ci sono insomma comunque tutti gli stilemi della science fiction. In più c'è anche l'aspetto politico, la critica sociale al sistema di vita occidentale, la critica alla società italiana, il giudizio non tenero sulla stessa sinistra "ufficiale". Come ho scritto nel saggio introduttivo, il nostro obiettivo era di fare un passo in più rispetto all'accettazione che ormai la fantascienza ha anche a livello accademico: dimostrare che la Sf, oltre a non essere più il genere che si occupa solo di "mostri, astronavi e robot", è un genere che si può occupare anche di società, di politica, e soprattutto può farlo nei riguardi della situazione contemporanea, anche italiana. E crediamo di essere riusciti a dimostrarlo.
Ambigue utopie. 19 racconti di fantaresistenza. Ed. Bietti, 2010, pagg. 395, € 22,00.
Gli autori: Claudio Asciuti, Giovanni Burgio, Walter Catalano, Vittorio Catani, Piero Cavallotti, Vittorio Curtoni, Milena Debenedetti, Valerio Evangelisti, Domenico Gallo, Daniele Ganapini, Francesco Grasso, Gian Filippo Pizzo, Pierfrancesco Prosperi, Franco Ricciardiello, Umberto Rossi, Danilo Santoni, Roberto Sturm, Enzo Verrengia, Alessandro Vietti.
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