Il 28 settembre del 2008 del mondo reale, e in occasione della manifestazione “La passione per il delitto” (dedicata alla letteratura di genere giallo) ho incontrato Jasper Fforde, il romanziere inglese ormai celebre in tutto il mondo per l’appassionante serie di romanzi che hanno per protagonista la detective letteraria Thursday Next.
I romanzi di Jasper Fforde rappresentano un genere ibrido e difficilmente classificabile; i suoi personaggi nuotano sereni in un mare di fantasia dal quale emerge un immaginario e surreale mondo ucronico, il tutto speziato con uno straripante ma discreto (e non è un paradosso) humor britannico, e non mancano spunti di genere poliziesco che tengono con il fiato sospeso in un’odissea che si svolge fra le pagine dei grandi classici della letteratura inglese o di una trama abbandonata di un autore in cerca di fortuna.
Il libro come realtà alternativa e preferibile, l’essere umano alla sua massima potenza.
I romanzi di Jasper Fforde rappresentano un genere ibrido e difficilmente classificabile; i suoi personaggi nuotano sereni in un mare di fantasia dal quale emerge un immaginario e surreale mondo ucronico, il tutto speziato con uno straripante ma discreto (e non è un paradosso) humor britannico, e non mancano spunti di genere poliziesco che tengono con il fiato sospeso in un’odissea che si svolge fra le pagine dei grandi classici della letteratura inglese o di una trama abbandonata di un autore in cerca di fortuna.
Il libro come realtà alternativa e preferibile, l’essere umano alla sua massima potenza.
In questa intervista a questo grande artista, ho cercato di sviluppare poche domande essenziali, diverse (mi auguro!) da quelle cui Jasper ha risposto in altre occasioni, e tentando di afferrare alcuni pensieri dell’autore, al di là della parola scritta.
F. Jasper, prima di tutto voglio dirti che ho letto e amato profondamente i tuoi tre libri ad oggi pubblicati in lingua italiana; non mi sono ancora cimentato con la tua prosa in lingua originale, ma prometto che lo farò.
J. Davvero? Bene…
F. Sarò molto diretto: hai mai letto “La Storia Infinita” di Michael Ende?
J. Veramente no, ma ho visto il film di Wolfgang Petersen, che ha anche firmato U Boot 96 se non erro… due film molto diversi fra loro indubbiamente!
F. Oh sì, è vero. Ecco, mi chiedevo (non senza malizia), se ti fossi ispirato a quella storia per l’idea di poter entrare all’interno dei libri…
J. No, proprio no, ma certamente bisogna riconoscere che l’idea di poter saltare all’interno dei libri era nell’aria da parecchio tempo; d’altra parte, quando scrivi storie di genere fantastico e sviluppi un’idea che pensi sia completamente nuova e originale, ti convinci che hai scoperto un territorio vergine ed inesplorato, ma poi ti devi rendere conto che stai percorrendo verosimilmente le tracce che qualcun altro potrebbe aver lasciato; il punto è come poi sviluppi quest’idea, in questo caso l’idea che qualcuno sia in grado di spostarsi all’interno dei libri e delle loro storie. Non penso infatti che nessuno abbia mai pensato in precedenza di descrivere l’esistenza di un corpo di polizia operante all’interno della narrativa, nel quale vi sono tutti questi personaggi che fanno tutto quel che fanno quando invece, nelle loro mansioni ordinarie di servizio, svolgono il ruolo, ad esempio, di Amleto. No, non mi pare che nessuno l’abbia mai fatto prima, in effetti.
F. Assolutamente, no.
J. Già. L’idea esisteva, ma questo sviluppo è del tutto nuovo.
F. Vorrei soffermarmi sul personaggio di Aornis Hades, la donna terribile che nel secondo e terzo libro (ovvero “Persi in un buon libro” e “Il pozzo delle trame perdute”, ndt) tenta continuamente di cancellare il ricordo che la protagonista, Thursday Next, ha dell’amato marito Landen, dapprima nella realtà, e poi anche insinuandosi in lei sottoforma di virus mentale.
J. Sì, esattamente.
F. Ne “La storia infinita” c’è un costante riferimento al “Nulla” che avanza, e che distrugge tutto, che divora questo mondo immaginario (“Fantàsia”, ndt) che è poi la fantasia infantile. Mi chiedevo quanto dietro idee come queste vi sia l’intenzione di rappresentare l’annullamento della vita, della creatività, della fantasia da parte delle “forze del male”, come se vi fosse un timore di perdere la propria fantasia a causa di persone che sono in grado di annullarla, come la Goliath (la multinazionale del male della serie, ndt), magari annullando il ricordo, o cancellando i libri…
J. La cancellazione dei libri... Penso che ci sia molto a proposito del tema della memoria nei miei romanzi. Credo che si tratti di un argomento molto emozionante. E in genere di fronte a idee di questo tipo, che mi stimolano, mi piace tentare di esplorarle nelle mie storie. In effetti la vicenda di Aornis non è molto legata a questo tema, della perdita della fantasia, è semplicemente un’idea con cui ho voluto giocare, però nel quinto libro della serie (“First among sequels”, ndt), che non è ancora disponibile in italiano, ad un certo punto della narrazione ci si trova all’interno di un libro che sta venendo cancellato. Tutto inizia a sparire finché ci si ritrova in piedi su di una piccola piattaforma circolare. Ma ancora una volta non c’è alcun collegamento con La storia infinita.
F. Deve esserci qualcosa di profondamente inconscio che genera alcune idee, in ogni caso, non pensi? Idee fra le quali poi si trovano delle similitudini.
J. Assolutamente sì. Ecco, in un certo senso gli autori formano una specie di grande piramide in cui ogni autore poggia sulle spalle degli altri; possiamo pensare a un’immagine simile, in cui alla base ci sono i più grandi, come, ad esempio, Omero, Orazio, e poi si procede sempre più in alto, verso autori sempre più recenti. Di conseguenza, quel che avviene è che ogni scrittore, benché inconsciamente, in ogni momento sta pensando anche alle cose che gli altri prima di lui hanno scritto, perché esiste questa coscienza collettiva, e le idee circolano al suo interno, e questo è il motivo per cui alle volte gli autori sviluppano determinate idee nello stesso momento, perché è quello il momento giusto, ovvero il momento in cui l’inconscio collettivo ha raggiunto quel particolare livello. I tedeschi hanno una parola molto adatta per definire questo concetto, lo Zeitgeist (“spirito del tempo”, ndt); quando si arriva allo zeitgeist adatto, l’idea in qualche modo emerge, per cui se non avessi avuto io l’idea di Thursday Next agente di polizia all’interno dei libri, un’idea piuttosto strana che è nata alla fine del ventesimo secolo, qualcun altro l’avrebbe avuta nello stesso periodo.
F. Puoi darmi una tua personale definizione di “Fantasia”?
J. La fantasia. Non ricordo che qualcuno ne abbia dato una definizione formale e strutturata, ad ogni modo la fantasia è quando prendi la vita reale e la guardi da un’angolazione leggermente diversa. E’ un po’ come quando torni a casa, entri nella cucina, e sali sul tavolo. Ti guardi intorno e dici “diavolo, è completamente diversa!”. E’ un altro modo di vedere. Guardi il mondo reale, questo mondo intorno a noi, e lo guardi con un’attenzione particolare, al punto che le cose divengono esagerate. In realtà non penso che esista una definizione specifica. Inoltre, è un po’ come la differenza fra quel tipo di lotta libera, priva di regole, e il pugilato, o lo judo; è senza limiti, ecco, scrivere il genere è così, senza regole, puoi fare quello che vuoi.
F. Molto irrazionale.
J. Sì, completamente.
F Jasper, è vero che possiedi e piloti personalmente un aereo?
J. Sì. Sono un pilota.
F. Lo eri in passato? Eri un pilota militare?
J. Oh, no.
F. Quindi è solo un tuo hobby?
J. Sì, un hobby. Volo in giornate di sole, come oggi. Non ho mai avuto la minima intenzione di volare nel cattivo tempo.
F. E cosa preferisci, volare o scrivere?
J. Uhm… be’, amo ovviamente tutt’e due le cose, ma certo non vorrei mai che volare fosse il mio lavoro, mentre in merito alla scrittura, la amo sia come hobby che come lavoro. No, il volo è giusto un hobby. E poi volare è bello mentre lo fai, mentre scrivere è più bello quando lo hai fatto; quando hai terminato il libro ed è pubblicato, è lì, e tu lo sai, e lo guardi. Attualmente provo queste sensazioni avendo terminato diversi libri, ma se mi metto a ricordare periodi in cui ho trascorso 8-10 mesi di attività intensa di scrittura, devo dire che si è trattato di duro lavoro; divertente, ma molto duro.
F. Lavori ancora come tecnico della messa a fuoco?
J. No.
F. Dunque sei uno scrittore a tempo pieno.
J. A tempo pieno, certo. Non era possibile continuare a fare due lavori. Fortunatamente guadagno abbastanza scrivendo, quindi non ho più bisogno del mio vecchio lavoro.
F. Un’ultima domanda: perché nei tuoi libri hai trasformato il Galles in una repubblica socialista?
Ah, è una bella domanda, questa. Mia moglie è gallese, ed abbiamo avuto un bimbo gallese. Quando stavo scrivendo il primo libro della serie, Il caso Jane Eyre, il cattivo, Acheron, nella stesura originale si nascondeva a bordo di un dirigibile. Il mondo di Thursday Next è una dimensione a basso sviluppo tecnologico, nel quale non esistono satelliti e viaggi spaziali, per cui i dirigibili sono utilizzati come stazioni di ripetizione per la TV e le comunicazioni, sospesi a migliaia di piedi di quota su tutta l’Inghilterra, ed Acheron si era rifugiato in uno dei tanti dirigibili, in particolare una vecchia portaerei riconvertita e proveniente da un universo parallelo in cui esistevano queste grandi aeronavi, sulle quali è possibile persino atterrare con un aereo. Questa era la prima stesura, secondo la quale Thursday per stanare Acheron doveva prendere un aereo, volare fino al dirigibile e agganciarsi per atterrare (come nella realtà delle portaerei) sulla pancia del dirigibile. C’erano tanti dettagli tecnici, piuttosto noiosi, ma il punto è che a me i dirigibili piacciono molto. Insomma, mia moglie, Mari, dopo aver letto la bozza nel 1999 mi disse ‘Il libro mi è davvero piaciuto, Jasper, è proprio divertente, ma la storia dei dirigibili è un po’ noiosa, una cosa per ragazzi, un po’ troppo zeppa di tecnologia…’. E io allora, guardandola, le risposi ‘Bene, e allora se non ti piace sistemerò Acheron nella tua… Repubblica socialista del Galles!’. E lei ne fu entusiasta.
F. Davvero incredibile il modo in cui nascono alcune idee….
J. Sì, e poi quando hai un’idea simile, capisci subito che puoi svilupparla; ho notato subito che la trovata era buona, e che si inseriva bene nella storia, perciò l’ho approfondita nei libri successivi, creando una frontiera, la necessità di un visto d’ingresso, insomma ne ho fatto qualcosa di simile alla Germania Est di una volta, così ho trasferito in Inghilterra la questione delle difficoltà di confine fra Germania est e ovest. Le idee nascono in questo modo, da una scintilla iniziale che poi cresce, e si sviluppa.
F. Grazie, Jasper, è stato un incontro grandioso.
J. Una bella intervista, grazie a te, Francesco.
F. Jasper, prima di tutto voglio dirti che ho letto e amato profondamente i tuoi tre libri ad oggi pubblicati in lingua italiana; non mi sono ancora cimentato con la tua prosa in lingua originale, ma prometto che lo farò.
J. Davvero? Bene…
F. Sarò molto diretto: hai mai letto “La Storia Infinita” di Michael Ende?
J. Veramente no, ma ho visto il film di Wolfgang Petersen, che ha anche firmato U Boot 96 se non erro… due film molto diversi fra loro indubbiamente!
F. Oh sì, è vero. Ecco, mi chiedevo (non senza malizia), se ti fossi ispirato a quella storia per l’idea di poter entrare all’interno dei libri…
J. No, proprio no, ma certamente bisogna riconoscere che l’idea di poter saltare all’interno dei libri era nell’aria da parecchio tempo; d’altra parte, quando scrivi storie di genere fantastico e sviluppi un’idea che pensi sia completamente nuova e originale, ti convinci che hai scoperto un territorio vergine ed inesplorato, ma poi ti devi rendere conto che stai percorrendo verosimilmente le tracce che qualcun altro potrebbe aver lasciato; il punto è come poi sviluppi quest’idea, in questo caso l’idea che qualcuno sia in grado di spostarsi all’interno dei libri e delle loro storie. Non penso infatti che nessuno abbia mai pensato in precedenza di descrivere l’esistenza di un corpo di polizia operante all’interno della narrativa, nel quale vi sono tutti questi personaggi che fanno tutto quel che fanno quando invece, nelle loro mansioni ordinarie di servizio, svolgono il ruolo, ad esempio, di Amleto. No, non mi pare che nessuno l’abbia mai fatto prima, in effetti.
F. Assolutamente, no.
J. Già. L’idea esisteva, ma questo sviluppo è del tutto nuovo.
F. Vorrei soffermarmi sul personaggio di Aornis Hades, la donna terribile che nel secondo e terzo libro (ovvero “Persi in un buon libro” e “Il pozzo delle trame perdute”, ndt) tenta continuamente di cancellare il ricordo che la protagonista, Thursday Next, ha dell’amato marito Landen, dapprima nella realtà, e poi anche insinuandosi in lei sottoforma di virus mentale.
J. Sì, esattamente.
F. Ne “La storia infinita” c’è un costante riferimento al “Nulla” che avanza, e che distrugge tutto, che divora questo mondo immaginario (“Fantàsia”, ndt) che è poi la fantasia infantile. Mi chiedevo quanto dietro idee come queste vi sia l’intenzione di rappresentare l’annullamento della vita, della creatività, della fantasia da parte delle “forze del male”, come se vi fosse un timore di perdere la propria fantasia a causa di persone che sono in grado di annullarla, come la Goliath (la multinazionale del male della serie, ndt), magari annullando il ricordo, o cancellando i libri…
J. La cancellazione dei libri... Penso che ci sia molto a proposito del tema della memoria nei miei romanzi. Credo che si tratti di un argomento molto emozionante. E in genere di fronte a idee di questo tipo, che mi stimolano, mi piace tentare di esplorarle nelle mie storie. In effetti la vicenda di Aornis non è molto legata a questo tema, della perdita della fantasia, è semplicemente un’idea con cui ho voluto giocare, però nel quinto libro della serie (“First among sequels”, ndt), che non è ancora disponibile in italiano, ad un certo punto della narrazione ci si trova all’interno di un libro che sta venendo cancellato. Tutto inizia a sparire finché ci si ritrova in piedi su di una piccola piattaforma circolare. Ma ancora una volta non c’è alcun collegamento con La storia infinita.
F. Deve esserci qualcosa di profondamente inconscio che genera alcune idee, in ogni caso, non pensi? Idee fra le quali poi si trovano delle similitudini.
J. Assolutamente sì. Ecco, in un certo senso gli autori formano una specie di grande piramide in cui ogni autore poggia sulle spalle degli altri; possiamo pensare a un’immagine simile, in cui alla base ci sono i più grandi, come, ad esempio, Omero, Orazio, e poi si procede sempre più in alto, verso autori sempre più recenti. Di conseguenza, quel che avviene è che ogni scrittore, benché inconsciamente, in ogni momento sta pensando anche alle cose che gli altri prima di lui hanno scritto, perché esiste questa coscienza collettiva, e le idee circolano al suo interno, e questo è il motivo per cui alle volte gli autori sviluppano determinate idee nello stesso momento, perché è quello il momento giusto, ovvero il momento in cui l’inconscio collettivo ha raggiunto quel particolare livello. I tedeschi hanno una parola molto adatta per definire questo concetto, lo Zeitgeist (“spirito del tempo”, ndt); quando si arriva allo zeitgeist adatto, l’idea in qualche modo emerge, per cui se non avessi avuto io l’idea di Thursday Next agente di polizia all’interno dei libri, un’idea piuttosto strana che è nata alla fine del ventesimo secolo, qualcun altro l’avrebbe avuta nello stesso periodo.
F. Puoi darmi una tua personale definizione di “Fantasia”?
J. La fantasia. Non ricordo che qualcuno ne abbia dato una definizione formale e strutturata, ad ogni modo la fantasia è quando prendi la vita reale e la guardi da un’angolazione leggermente diversa. E’ un po’ come quando torni a casa, entri nella cucina, e sali sul tavolo. Ti guardi intorno e dici “diavolo, è completamente diversa!”. E’ un altro modo di vedere. Guardi il mondo reale, questo mondo intorno a noi, e lo guardi con un’attenzione particolare, al punto che le cose divengono esagerate. In realtà non penso che esista una definizione specifica. Inoltre, è un po’ come la differenza fra quel tipo di lotta libera, priva di regole, e il pugilato, o lo judo; è senza limiti, ecco, scrivere il genere è così, senza regole, puoi fare quello che vuoi.
F. Molto irrazionale.
J. Sì, completamente.
F Jasper, è vero che possiedi e piloti personalmente un aereo?
J. Sì. Sono un pilota.
F. Lo eri in passato? Eri un pilota militare?
J. Oh, no.
F. Quindi è solo un tuo hobby?
J. Sì, un hobby. Volo in giornate di sole, come oggi. Non ho mai avuto la minima intenzione di volare nel cattivo tempo.
F. E cosa preferisci, volare o scrivere?
J. Uhm… be’, amo ovviamente tutt’e due le cose, ma certo non vorrei mai che volare fosse il mio lavoro, mentre in merito alla scrittura, la amo sia come hobby che come lavoro. No, il volo è giusto un hobby. E poi volare è bello mentre lo fai, mentre scrivere è più bello quando lo hai fatto; quando hai terminato il libro ed è pubblicato, è lì, e tu lo sai, e lo guardi. Attualmente provo queste sensazioni avendo terminato diversi libri, ma se mi metto a ricordare periodi in cui ho trascorso 8-10 mesi di attività intensa di scrittura, devo dire che si è trattato di duro lavoro; divertente, ma molto duro.
F. Lavori ancora come tecnico della messa a fuoco?
J. No.
F. Dunque sei uno scrittore a tempo pieno.
J. A tempo pieno, certo. Non era possibile continuare a fare due lavori. Fortunatamente guadagno abbastanza scrivendo, quindi non ho più bisogno del mio vecchio lavoro.
F. Un’ultima domanda: perché nei tuoi libri hai trasformato il Galles in una repubblica socialista?
Ah, è una bella domanda, questa. Mia moglie è gallese, ed abbiamo avuto un bimbo gallese. Quando stavo scrivendo il primo libro della serie, Il caso Jane Eyre, il cattivo, Acheron, nella stesura originale si nascondeva a bordo di un dirigibile. Il mondo di Thursday Next è una dimensione a basso sviluppo tecnologico, nel quale non esistono satelliti e viaggi spaziali, per cui i dirigibili sono utilizzati come stazioni di ripetizione per la TV e le comunicazioni, sospesi a migliaia di piedi di quota su tutta l’Inghilterra, ed Acheron si era rifugiato in uno dei tanti dirigibili, in particolare una vecchia portaerei riconvertita e proveniente da un universo parallelo in cui esistevano queste grandi aeronavi, sulle quali è possibile persino atterrare con un aereo. Questa era la prima stesura, secondo la quale Thursday per stanare Acheron doveva prendere un aereo, volare fino al dirigibile e agganciarsi per atterrare (come nella realtà delle portaerei) sulla pancia del dirigibile. C’erano tanti dettagli tecnici, piuttosto noiosi, ma il punto è che a me i dirigibili piacciono molto. Insomma, mia moglie, Mari, dopo aver letto la bozza nel 1999 mi disse ‘Il libro mi è davvero piaciuto, Jasper, è proprio divertente, ma la storia dei dirigibili è un po’ noiosa, una cosa per ragazzi, un po’ troppo zeppa di tecnologia…’. E io allora, guardandola, le risposi ‘Bene, e allora se non ti piace sistemerò Acheron nella tua… Repubblica socialista del Galles!’. E lei ne fu entusiasta.
F. Davvero incredibile il modo in cui nascono alcune idee….
J. Sì, e poi quando hai un’idea simile, capisci subito che puoi svilupparla; ho notato subito che la trovata era buona, e che si inseriva bene nella storia, perciò l’ho approfondita nei libri successivi, creando una frontiera, la necessità di un visto d’ingresso, insomma ne ho fatto qualcosa di simile alla Germania Est di una volta, così ho trasferito in Inghilterra la questione delle difficoltà di confine fra Germania est e ovest. Le idee nascono in questo modo, da una scintilla iniziale che poi cresce, e si sviluppa.
F. Grazie, Jasper, è stato un incontro grandioso.
J. Una bella intervista, grazie a te, Francesco.
2 commenti:
Grande intervista! Pensa quando lui intervisterà te...!
Uh, in quale universo parallelo??? Questa sì che sarebbe fantascienza...
Posta un commento